⛓TRAPTHEORY #0⛓
Partirò dal personale perchè non saprei da dove altro partire.
Ho sempre amato il rap. Ho iniziato ad ascoltarlo, tardi verso i 15 anni, perché fino a quel momento non mi interessava molto la musica. Da allora è stato un grande amore sempre in crescita che mi ha portato ad appassionarmi di altri generi e a desiderare di conoscere sempre di piu tutto questo mondo. A scuola mi hanno sempre detto che sapevo scrivere discretamente e, lungo la strada, devo aver sviluppato anche io questa convinzione. Per questo mi sono trovato a scrivere di rap, sicuro di esserne capace. In realtà tutta questa passione e questa knowledge non hanno portato che ad un paio di articoli nel 2017. Uno di questi, sull’allora emergente Smooky Margiela, mi portò persino in contatto con il suo manager. Tuttavia, sono rimasto sempre troppo pigro e scostante (oltre ad aver vissuto un anno turbolento) per intraprendere seriamente questo percorso.
Tangenzialmente, ho frequentato la facoltà di filosofia a Torino e sono ormai prossimo alla laurea. Questo mi ha portato a sviluppare ancora più velleità letterarie, arricchite dal barocco dei concetti filosofici. Non ho mai visto un gap tra le mie passioni e i miei studi.
Usare i concetti della teoria per capire la musica è da allora un mio pallino fisso: in primis, perché la musica va sempre contestualizzata e ascoltata con consapevolezza (anche Versace dei Migos esprime qualcosa) e, in secondo luogo, perchè la teoria, l’Empireo delle Idee, deve scendere al livello del mondo reale, sporcarsi le mani con le sue produzioni in modo tale da diventare più comprensibile e più utile per tutti. Questa banale constatazione sarà la golden rule di quello che andrò a scrivere su questo profilo Medium, cercando di mantenere una costanza (quasi) giornaliera e un certo livello di interesse. Non è nulla di nuovo né nulla di significativo. Semplicemente, c’è qui una persona che ha letto troppo Mark Fisher ed ascolta troppi dischi al giorno per non volerne parlare in modo (spero) originale. Pace.