Introduzione sbrigativa all’accelerazionismo

Alessandro Y. Longo
6 min readJun 19, 2019

Questo testo è apparso originariamente sulla rivista online Jacobite per mano di Nick Land. Nick Land, fondatore del centro di ricerca sperimentale CCRU negli anni ’90, è uno dei padri dell’accelerazionismo. Nel corso degli anni, anche in seguito a un breakdown nervoso e all’abbandono dell’insegnamento, il pensiero di destra è diventato sempre più reazionario. Oggi, Land vive a Shangai.

Chiunque stia elabarondo una opionone sull’accelerazionismo farebbe meglio a sbrigarsi. E’ nella natura stessa dell’argomento. E’ già stato catturato da quelle tendenze per cui sembrava troppo veloce decenni fa, mentre diventava un pensiero consapevole di sè. Ha gaudagnato un sacco di velocità rispetto ad allora.

L’accelerazionismo è abbastanza vecchio da avere già delle proprie ondate, è un tema che torna insistemente, o ricorrentemente, ed ogni volta la sua sfida è piu urgente. Tra le sue previsioni, c’è l’aspettativa che tu sia troppo lento per averci a che fare coerentemente. Eppure, se ti lasci sfuggire il quesito che pone — perchè troppo fulmineo — perdi, forse perdi molto male. E’ difficile. (per i nostri scopi, qui il “tu” rappresenta le opinioni del genere umano.)

I vincoli di tempo, per loro stessa natura, sono difficili da pensare. Tipicamente, l’occasione per deliberare è stata, spesso erronaemnete, considerata una costante storica, invece che una variabile. Se mai c’è stato tempo per pensare, crediamo, c’è ancora e ci sarà sempre. La probabilità che lo spazio di tempo per prendere decisioni stia attraversando un processo di sistematica compressione resta una opzione negata, anche tra coloro che mostrano una epslicita ed eccezionale attenzione verso la crescente rapidità del cambiamento.

Per dirla in termini filosofici, il profondo problema dell’accelerazione è di natura trascendentale: esso ci descrive un orizzonte assoluto e un orizzonte che viene chiuso. Il pensiero richiede tempo, e l’accelerazionismo suggerisce che siamo in procinto di finire il tempo per pensare, se non lo abbiamo già fatto. Nessun dilemma contemporaneo è affrontato realisticamente finché non viene riconosciuto che la possibilità di farlo sta collassando veloce.

Viene da pensare che quando sorgerà un dialogolo sull’accelerazione, sarà esattamente troppo tardi. La profonda crisi istituzionale, che rende questo tema “scottante” ai nostri giorni, ha il suo fulcro proprio nell’implosione della capacità sociale di prendere delle decisioni. Fare qualcosa, a questo punto, richiederebbe troppo tempo. Così, al contrario, gli eventi continuano a incrementare e sembrano sempre più fuori controllo, anche per una fase traumatica. Esattamente perché ci troviamo davanti a un problema di freni, di controllo, l’accelerazionismo ritorna in auge.

L’accelerazionismo collega l’implosione dello spazio decisionale a quell’espolosione del mondo che è la modernità. E’ importante notare come l’opposizione concettuale tra implosione ed esplosione non impedisca un loro reale e meccanico accoppiamento. Le armi termonucleari forniscono l’esempio più vivido e illuminante di questo accoppiamento: una bomba H utilizza una bomba A come grilletto. Una fissione nucleare da vita alla fusione nucleare. La massa di fusione è innescata da un processo di esplosione (la modernità è un’esplosione).

Vale lo stesso discorso per la cibernetica, la quale ritorna costantemente, secondo ondate: cresce come un grido, per poi dissiparsi nelle chiacchiere insensate della moda, fino all’arrivo di una nuova onda esplosiva.

La cruciale lezione dell’accelerazionismo è la seguente: un circuito a feedback negativo ha come scopo il mantenimento di uno specifico stato in un sistema. Così funzionano sia una macchina a vapore sia un governo. Nel linguaggio dei due filosofi francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari, questo circuito produce un processo di territorializzazione. Il feedback negativo stabilizza un processo, corregge la sua deriva, inibendo di conseguenza la deviazione fino ad un limite stabilito. Le dinamiche vengono così messe al servizio della fissità, di un alto livello di stasi. L’equilibrio viene raggiunto in questo modo in ogni sistema o processo complesso. La tendenza contraria, che implica l’erranza, la fuga di energia, è stata definita da Deleuze&Guattari, con un termine cacofonico ma influente, deterritorializzazione. L’accelerazionismo è sempre stato un discorso sulla deterritorializzazione.

In termini socio-storici, la linea di deterritorializzazione corrisponde al capitalismo non remunerato. Lo schema basilare è un feedback a circuito positivo, all’interno del quale commercializzazione e industrializzazione si alimentano a vicenda in un processo incontrollato, dal quale la modernità estrae il suo ingrediente. Karl Marx e Friedrich Nietzsche, tra gli altri, hanno colto aspetti importanti di questa tendenza. Man mano che il circuito si chiude, o si intensifica, acquisisce una maggiore autonomia (o automazione): diventa strettamente auto-produttivo. E poiché non si rivolge a nulla se non sé stesso, è intrinsecamente nichilista. Il suo unico significato è l’autopropagazione, la crescita per la crescita l’unico scopo. Il genere umano ne è un ospite temporaneo, non il suo padrone.

«Accelerare il processo» raccomandavano già nel 1972 Deleuze&Guattari nel loro «Anti-Edipo», citando Nietzsche per riattivare Marx. Anche se sarebbero stati necessari ancora quarant’anni per arrivare al termine «accelerazionismo» (usato criticamente da Benjamin Noys), il concetto era già lì nella sua interezza. Vale la pena di riportante questo passaggio fondamentale nella sua interezza:

«Ma quale via rivoluzionaria, ce n’è forse una? Ritirarsi dal mercato mondiale, come consiglia Samir Amin ai paesi del Terzo Mondo, in un curioso rinnovamento della “soluzione economica” fascista? Oppure andare in senso contrario? Cioè andare ancora più lontano nel movimento di mercato, della decodificazione e della deterritorializzazione? Forse, infatti, i flussi non sono ancora abbastanza deterritorializzati, abbastanza decodificati, dal punto di vista di una teoria e di una pratica dei flussi ad alto tenore schizofrenico. Non ritirarsi dal processo, ma andare più lontano, «accelerare il processo», come diceva Nietzsche: in verità, su questo capitolo, non abbiamo ancora visto nulla.» (Deleuze e Guattari, L’anti-Edipo, 1972, pg.272)

Il punto di un’analisi del capitalismo, o del nichilismo, è di realizzare qualcosa di più. Il processo non va criticato. Il processo è la critica, che si autoalimenta, intensificandosi costantemente. L’unica via d’uscita è attraverso, che significa sempre più all’interno.

Marx ha il suo personale «frammento accelerazionista» che anticipa il passaggio dall’Anti Edipo, nel «Discorso sul libero scambio» del 1848:

In generale attualmente il protezionismo è misura conservatrice, mentre il libero scambio agisce come forza distruttiva. Esso distrugge le vecchie nazionalità e spinge agli estremi l’antagonismo fra proletariato e borghesia. Il libero scambio affretta la rivoluzione sociale. È solo in questo senso rivoluzionario, o signori, ch’io voto pel libero scambio.

In questa germinale matrice accelerazionista, non sussiste nessuna distinzione tra la distruzione del capitalismo e la sua intensificazione. L’auto distruzione del capitalismo è la sua stessa essenza. La distruzione creativa rappresenta l’interezza del capitale, a prescindere dai suoi ritardi, dalle compensazioni parziali o dalle sue inibizioni. Il capitale rivoluziona sé stesso più accuratamente che qualsiasi rivoluzione esterna. La storia successiva a Marx non ha mai rivendicato questo punto al di sopra di tutti gli altri, simulando solamente una rivendicazione, fino a un punto di esasperazione.

Nel 2013, Nick Srnicek e Alex Williams hanno cercato di risolvere questa ambivalenza intollerabile (persino schizofrenica) nel loro «Manifesto per una politica accelerazionista», che ambiva a definire un «Accelerazionismo di sinistra» (L/ACC) specificatamente anti capitalista, chiaramente distinto dall’abominevole «Accelerazionismo di destra» (R/ACC), tutto a favore del capitale. Questo progetto, come prevedibile, ha avuto piu successo nel rianimare la questione accelerazionista piuttosto che nel raggiungimento di una purezza ideologica. Solamente con l’introduzione totalmente artificiale di una distinzione tra capitalismo e accelerazione tecnologica modernista si potevano operare tali distinzioni. L’obbiettivo implicito era la creazione di un nuovo Leninismo senza la NEP, che avesse di esempio gli esperimenti tecno-manageriali del comunismo cileno.

Il capitale, secondo la sua stessa definizione, non è nulla se non un astratto fattore di accelerazione sociale. Lo schema della cibernetica positiva lo esaurisce. La fuga consuma la sua identità. Qualsiasi altra determinazione è ridotta ad un accidente, ad uno stadio qualsiasi del suo processo di intensificazione. Dal momento che qualsiasi elemento capace di alimentare questa accelerazione socio-storica sarà necessariamente del capitale, la prospettiva di un «Accelerazionismo di sinistra» veramente efficace può essere liquidata. L’accelerazionismo è semplicemente l’auto consapevolezza del capitalismo, che è appena incominciata («non abbiamo ancora visto niente).

Mentre scrivo, «l’accelerazionismo di sinistra» sembra essersi decostruito nelle tradizionali politiche socialista, e la torcia accelerazionista è stata passata a una nuova generazione di brillanti giovani pensatori promulgatori di un «Accelerazionismo Incondizionato» (né R/ACC o L/ACC ma U/ACC). Le loro identità online possono essere cercate attraverso il peculiare hashtag #Rhetttwitter.

Man mano che la blockchain, la logistica con i droni, la nanotecnologia, il quantum computing, la genomica computazionale e la realtà virtuale invadono il nostro mondo, intrisi di Intelligenza Artificiale, l’accelerazionismo non andrà da nessuna parte, se non sempre più in profondità. Venire affrettati dal fenomeno, fino al punto di una paralisi istituzionale terminale, non è che parte del fenomeno stesso. Naturalmente (che è come dire inevitabilmente) la specie umana definirà questo definitivo evento terrestre come un problema. Essere in grado di vederlo equivale già a dire «Dobbiamo fare qualcosa». E l’accelerazionismo può solo rispondere: «Lo stai dicendo solo adesso ?Forse dovremmo iniziare, no?». Ma nelle sue varianti più spietate, che hanno la meglio, non può che iniziare semplicemente a ridere.

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Alessandro Y. Longo

Digital Humanist, wannabe tech critician, working for re-enchanting the world